Dalle fine delle vacanze di Natale agli scrutini, per usare una scansione temporale familiare a chi legge questa rubrica, i sì ma, i sì però e i tuttavia si sono vergognosamente sprecati durante e dopo le manifestazioni di solidarietà ai vignettisti trucidati e al loro settimanale, cui bisognerebbe abbonarsi ora: averlo comprato una tantum non basta. L’avversativa inquietante si ripresenta quando si parla della situazione economica greca e delle condizioni di indigenza in cui versano le classi meno abbienti dopo la terapia, o meglio un decesso pilotato ma senza analgesici: in entrambi i casi l’odioso arrière pensée, quando non proprio dichiarato, è: “se la sono cercata”. Ossia la morte improvvisa nel primo caso e la morte lenta nel secondo sarebbero colpa delle vittime.
Satira è parola latina, ma trova le proprie radici nell’opera di Senofane di Colofone e nei suoi silli: un’Europa senza la Grecia è un ossimoro, così come è un ossimoro la satira politicamente corretta. La satira deve essere urticante, altrimenti è intrattenimento. Tra i buffoni nostrani che ci intrattengono ogni giorno, comici involontari insuperabili, mi hanno fatto amaramente sorridere coloro che si sono scoperti illuministi, nonostante un politico del loro schieramento avesse presentato anni fa un’interrogazione parlamentare riguardante una dirigente scolastica piemontese, rea di avere detto, durante un Consiglio di Istituto, che la riforma Gelmini era ispirata soprattutto a criteri economici e non didattici.
Quante parole greche ci sono a partire da Europa in queste poche righe? Parecchie. È quasi impossibile scrivere e parlare anche poco senza usare parole di origine greca. Infatti, in omaggio alle radici culturali italiane, come si chiama la piattaforma che dovrebbe incoraggiare il mondo a venire in Italia e a visitare l’Expo? Very bello. Con questa slogan di un’arguzia scintillante, frutto di notevole felicità inventiva, l’Italia pubblicizza iniziative culturali di elevatissima qualità come Umbria Jazz e i classici del teatro greco di Siracusa. Evidentemente l’autore di tale creazione si annovera tra i comici involontari di cui sopra. Speriamo che almeno abbia prestato la propria opera gratuitamente e non sia stato retribuito con il denaro della fiscalità generale.