La morte dello studente di Udine è una vergogna, non solo per l’evento in sé, ma anche per le parole usate dai commentatori: sono intervenuti politici e sindacalisti commentando la tragedia con le solite parole per gli incidenti sul lavoro cui poi non segue nulla tranne altre morti sul lavoro, seguite da altre sdegnate dichiarazioni di intenti: si leggono frasi come “subito soccorso dai colleghi”.

Colleghi? Uno studente anche in un centro di formazione professionale in cui lo stage è parte integrante della formazione non dovrebbe svolgere un lavoro vero e proprio. In ogni caso, qualsiasi percorso di studi seguano gli studenti, si dovrebbe vigilare affinché non vengano sfruttati per risparmiare, evitando così di assumere una figura professionale per quel ruolo. Avrebbe dovuto osservare e imparare, misurandosi con attività alla sua portata sotto la guida di un esperto, non lavorare al posto di un altro. Speriamo di non dover sentire le parole “fatalità” e frasi da bar sport come “non buttare il bambino con l’acqua sporca” e altri commenti cinici, perché il problema è proprio nella mentalità: la scuola non deve preparare al lavoro, neanche se si chiama centro di formazione professionale. Gli studenti dovrebbero poter frequentare laboratori che simulino situazioni lavorative e che imitino un ambiente di lavoro, non essere buttati allo sbaraglio in una situazione reale. Sarebbe come far pilotare un aereo da solo a un principiante, anziché usare un simulatore di volo. Un diciottenne è ancora un adolescente e gli adolescenti come scuola di vita devono avere la letteratura, la poesia e il cinema come scriveva Edgar Morin: a scuola si devono leggere romanzi, si devono risolvere problemi astratti e pratici, anche svolgere attività manuali, ma in un ambiente protetto. Le aziende poi potranno far svolgere corsi di specializzazione agli assunti e non usare gli studenti come manodopera gratuita. Una sola opera letteraria, infatti, cela un infinito culturale che ingloba scienza, storia, etica…” (G. Mathis). Eh già l’etica, il pensiero complesso, il dubbio… dov’è che se ne parla nelle cosiddette riforme recenti della scuola?

 

 

 

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