Dai gufi e dai professoroni avevamo imparato che non ci si deve accanire su chi è in vinculis neanche verbalmente e che la Costituzione all’articolo 26 non prevede di marcire in carcere né che si possa ledere la dignità del detenuto e tantomeno del fermato cui nessuno può nuocere fisicamente.
Da chi, invece, pensa che migrante sia un gerundio, apprendiamo il contrario. Tuttavia, chi sa che cosa significa “in vinculis” ha studiato in tempi in cui l’Esame di Stato non cambiava in base a chi era al vertice del Ministero dell’Istruzione allora pubblica e intesa come riscatto sociale e non come funzionale alla prestazione. Costoro cominciavano un percorso di studi sapendo dove sarebbero andati, quindi manca loro la capacità di navigare a vista, di essere eticamente duttili. Invece, la dignità della persona e il principio del neminem laedere sono concetti vetusti che si modificano come l’Esame di Stato, di volta in volta, possono essere rottamati, asfaltati, schiacciati dalla ruspa, abbandonati in balia dei marosi, a seconda dei sondaggi: l’importante è cambiare, riformare, rigirare come un calzino, in peius o in melius non è una domanda da porsi, pensare è un vizio da perdere, tipico delle élite che hanno studiato il latino, peccato che a studiarlo allora erano anche i figli dei non laureati, di chi aveva solo la terza media, mentre ora, all’epoca dei rottamatori e degli innovatori, la maggior parte dei liceali e degli universitari è figlia di laureati.